Italcables, quando gli operai (riuniti in cooperativa) fanno rivivere l’azienda

Napoli, 26febbraio 2019 – Dal concordato preventivo a 20 milioni di fatturato. È una storia (per ora) a lieto fine quella di Italcables, l’azienda recuperata dai lavoratori riuniti in cooperativa a Caivano, nel napoletano. “È dura, non ci facciamo illusioni, ma a piccoli passi stiamo ottenendo i risultati su cui avevamo scommesso” raccontano. Alla loro storia ha dedicato un ampio servizio l’agenzia di stampa Ansa, che ha intervistato sul tema anche il presidente di Legacoop nazionale Mauro Lusetti.

La loro esperienza – racconta Lusetti – è uno degli esempi più significativi di come la cooperativa possa rappresentare uno strumento decisivo per preservare capacità produttive ed occupazione anche in contesti difficili come il Mezzogiorno. Attraverso Coopfond nel decennio 2008-2018 abbiamo sostenuto 63 operazioni di workers buyout. Continueremo e auspichiamo che il governo possa essere al nostro fianco, ad esempio prevedendo la non imponibilità ai fini Irpef della NASpI liquidata in un’unica soluzione e destinata alla sottoscrizione di capitale sociale di una cooperativa e il rifinanziamento del Fondo per la crescita sostenibile”. Ma ecco il servizio integrale dell’agenzia.

Dal concordato per la liquidazione a 20 milioni di fatturato. Caivano, provincia di Napoli: la Wbo Italcables nasce dalle ceneri dell’Italcables e produce trefolo e filo per cemento armato precompresso ed è gestita da 51 ex dipendenti “che si sono costituiti in cooperativa”, spiega Matteo Potenzieri, presidente della cooperativa Wbo Italcables. “Abbiamo acquistato lo stabilimento, pagando l’ultima rata nel novembre dello scorso anno, abbiamo impegnato tutto quello che avevamo, ovvero la mobilità, presa in un’unica soluzione anticipata, e l’abbiamo investita nel capitale sociale della cooperativa – racconta Raimondo Liberatore, direttore dello stabilimento – È stato come lanciarsi senza paracadute”.

Adesso sembra tutto semplice, ma la decisione di creare una cooperativa è stata molto combattuta perché c’era il rischio di perdere tutto quello che avevamo – ricorda il caposquadra Antonio Oliva -. Facendo sacrifici e tanta autogestione, sentiamo di essere sulla strada giusta”. “È dura, non ci facciamo illusioni, ma a piccoli passi stiamo ottenendo i risultati su cui avevamo scommesso”, conclude Liberatore. Nel 2017 il fatturato ha raggiunto i 18 milioni e mezzo rispetto ai circa 2 milioni del 2015, anno in cui la cooperativa, dopo due anni di mobilità per i dipendenti e chiusura dello stabilimento di proprietà di una multinazionale portoghese, ha aperto i battenti con il nuovo logo e il nome.

Lo stabilimento era stato realizzato a cavallo degli Anni Settanta e Ottanta dalla Redaelli Tecna, che ne ha mantenuto la proprietà fino al giugno 2008 quando è stata assorbita dalla Italcables, che aveva altre due fabbriche: una a Sarezzo (Brescia) e una a Cepagatti (Pescara). A sua volta la Italcables qualche anno prima era stata acquisita da Companhia Previdente, società industriale portoghese che dal 2009 deve affrontare una grossa crisi di liquidità. La stretta creditizia è tale che si sceglie di chiudere prima Sarezzo, dove resta solo la sede amministrativa, poi Cepagatti. Nel 2013 capitola anche l’Italcables a Caivano, ma gli operai si rifiutano di arrendersi e decidono di diventare loro stessi padroni della fabbrica per cui lavoravano.

È stato un dramma sia il momento della chiusura che la decisione di costituire una cooperativa – conferma il caposquadra Oliva -. C’era il rischio di poter perdere tutto in pochi mesi”. “Trovarsi improvvisamente senza lavoro è stato durissimo, dormivamo nello stabilimento perché temevamo ci rubassero i macchinari – dice Pasquale Crespa, elettricista”. Gli ex dipendenti hanno sfruttato una legge del 2013 che riconosce la prelazione a favore dei lavoratori di imprese in crisi.

“Wbo” sta proprio per workers buyout, cioè dipendenti che rilevano la fabbrica in cui lavoravano. “Riprendere a lavorare è stato un sogno, continua ad essere un sogno ma siamo consapevoli di non poter commettere errori – aggiunge Oliva -. Sentivamo di essere competitivi e bravi nel nostro lavoro, con tanti sacrifici anche economici stiamo trovando la quadra”. Nel settore metallurgico del Mezzogiorno ci sono state altre esperienze simili ma nessuna delle dimensioni della Wbo Italcables.

L’esperienza della Wbo Italcables di Caivano è uno degli esempi più significativi di come la cooperativa possa rappresentare uno strumento decisivo per preservare capacità produttive ed occupazione anche in contesti difficili come il Mezzogiorno”. E’ quanto afferma in una nota Mauro Lusetti, presidente di Legacoop, commentando l’operazione di Workers Buy Out che ha visto protagonisti 51 ex dipendenti della Italcables.

Decidere di costituire una cooperativa per assicurare la prosecuzione delle attività di un’azienda privata andata in crisi -sottolinea Lusetti- significa, per i lavoratori che lo fanno, mettersi in gioco con coraggio e disponibilità ad affrontare sacrifici, assumendosi la responsabilità condivisa delle scelte necessarie a costruire il proprio futuro”.

Voglio ricordare -puntualizza Lusetti- che attraverso Coopfond, il fondo di promozione di Legacoop, nel decennio 2008-2018 abbiamo sostenuto 63 operazioni di workers buyout (compresa quella di Italcables), dove sono impegnati 1.625 lavoratori, con un impiego di risorse, tra partecipazioni al capitale e finanziamenti, di oltre 18 milioni di Euro”.

Continueremo nella nostra azione di sostegno dei workers buyout -conclude Lusetti- e auspichiamo che il governo possa essere al nostro fianco, ad esempio prevedendo la non imponibilità ai fini Irpef della NASpI liquidata in un’unica soluzione e destinata alla sottoscrizione di capitale sociale di una cooperativa e il rifinanziamento del Fondo per la crescita sostenibile”.

Guarda il video realizzato dall’ANSA

27 Febbraio 2019